La fauna delle mughete e la vipera dell'Orsini nel Parco Nazionale della Maiella

Progetto editoriale con la collaborazione del fotografo Bruno D'Amicis
Uno degli ambienti più rappresentativi del Parco Nazionale della Maiella è sicuramente quello delle mughete. Anche se sembra poco più di un cespuglio, il mugo, in realtà, è un pino vero e proprio, per quanto davvero particolare...

Il fusto e i rami sottili ed elastici, il portamento prostrato a terra di questa specie straordinaria sono degli evidenti adattamenti alle durezze della vita in alta quota, ai capricci dei venti e al peso della neve invernale. Grazie alla loro adattabilità, i pini mughi sono in grado di colonizzare anche le aree più acclivi e franose delle montagne calcaree, dove consentono di stabilizzare i suoli e limitare i danni delle valanghe, proteggendo quindi le foreste e gli altri ambienti localizzati a quote più basse.

Ancora ben diffuse nelle Alpi centro-orientali, in Appennino le mughete sono rarissime. Da sempre odiate dai pastori in cerca di pascoli per i loro animali, nei secoli esse sono state tagliate, bruciate ed eliminate da gran parte delle montagne della regione.

Ne sopravvivono dei popolamenti relitti solamente nell'Appennino nord-occidentale e in quello centrale. In Abruzzo, se ne trova un nucleo superstite sui monti della Camosciara, nel Parco Nazionale d'Abruzzo, Lazio e Molise. Mentre, sulla Maiella, come un manto color smeraldo, le distese di pino mugo ricoprono ancora gran parte dei pendii e dei crinali al di sopra della fascia di vegetazione arborea, soprattutto nella porzione centro-settentrionale del Massiccio. Splendidi esempi sono le mughete di Scrimacavallo, delle Gobbe di Selvaromana, di Monte Pescofalcone e dei dintorni di Monte Ugni.
Qui, centinaia di migliaia di queste piccole conifere creano una barriera impenetrabile, attraversabile solamente lungo la rete sentieristica del Parco oppure lungo quelle pochissime, vie superstiti di pastori e briganti, tracciate tanto tempo fa. Il resto è il regno della natura selvaggia: la copertura e la protezione offerta dalle mughete permettono ad una ricca biodiversità di sopravvivere a queste quote.

Una flora particolare, enfatizzata dal profumo del fior di stecco (Daphne mezereum), dal giallo dei doronici (Doronicum columnae), dal bianco del sigillo di Salomone (Polygonatum multiflorum) e dal blu-viola delle genziane (Gentiana dinarica), nonché da specie più rare come Moneses uniflora e Silene pusilla, cresce all'ombra dei mughi, o nelle rare radure rimaste sgombre dagli arbusti.

Se i camosci sono ghiotti dei giovani getti del pino mugo, cervi e caprioli, invece, trovano nelle mughete rifugio dalla calura e dai predatori. Lo sanno bene i lupi, che frequentano assiduamente questi ambienti a caccia delle loro prede: ne sono testimonianza i frequenti escrementi, grossi e ricchi di pelo, che si incontrano lungo i sentieri e nei punti di incrocio.

Le distese di mugo ospitano anche delle specie particolari di uccelli, come il merlo dal collare, il crociere, la passera scopaiola e, di recente segnalazione, il ciuffolotto scarlatto, tipiche di questi ambienti e rare altrove. Anche le coturnici amano la protezione offerta da questa vegetazione per alimentarsi al riparo dallo sguardo acuto dell'aquila reale.

Anche numerose specie di invertebrati vivono in questo ambiente. Nelle zone più assolate, alla base dei pini, le formiche rosse costruiscono dei grossi acervi (nidi) con gli aghi di mugo e di ginepro.

Mentre tra le erbe è tutto un brulicare di ragni, coleotteri, farfalle e, soprattutto, grilli e cavallette, il cui frinire incessante diventa la tipica colonna sonora delle escursioni estive in quota.

Questo tripudio di vita nel microcosmo attira l'attenzione di un predatore d'eccezione. Si tratta della vipera dell'Orsini (Vipera ursinii), uno dei serpenti più piccoli e rari d'Europa, vero gioiello della fauna dell'Appennino centrale. Questa vipera minuta, che raggiunge appena i 30-40 cm di lunghezza, si nutre prevalentemente di invertebrati.

È un animale schivo, che evita il contatto con l'uomo e, se non manipolato, risulta praticamente innocuo. La vipera dell'Orsini è legata agli ambienti di steppa, con presenza di piccoli arbusti, in particolare di ginepro.

Pertanto, in Appennino centrale, si può trovare solamente nelle praterie d'altitudine dei principali massicci montuosi, ma alcune delle sue popolazioni sono numericamente molto scarse o fortemente minacciate dalle manomissioni ambientali e dai cambiamenti climatici.

Alcune delle sue popolazioni, come quelle di alcune aree del Sirente - Velino, per esempio, hanno risentito fortemente delle manomissioni dovute alla realizzazione e all'ampliamento degli impianti da sci, del traffico di fuoristrada sul manto erboso, oppure della costruzione di strade in quota. Per altre, invece, sembra sia il sovrapascolo dovuto a forte presenza di bestiame domestico o, talvolta, anche di ungulati selvatici, a compromettere la sopravvivenza di questa specie minacciata.