Eremo di San Bartolomeo e Grotta Riparo De Pompeis
Rilevanza: Internazionale
Valore: Scientifico, Geoturistico
Tipologia: Di interesse quaternario
Valore: Scientifico, Geoturistico
Tipologia: Di interesse quaternario
Da questa posizione si possono osservare le pareti del Vallone di San Bartolomeo costituite da calcari formatisi quando la Maiella non era ancora una montagna, ma era un mare caldo e poco profondo. Il contenuto fossilifero di queste rocce è prevalentemente costituito da macroforaminiferi bentonici, briozoi e lithotamni, nella letteratura geologica e nella Cartografia Ufficiale CARG, queste rocce fanno parte della Formazione Bolognano (età Rupeliano sup.-Tortoniano). Tra questi calcari si incastona e quasi si mimetizza l'Eremo di San Bartolomeo, sito nel comune di Roccamorice, è perfettamente conservato, fu edificato nel 1250 ca. dall'eremita Pietro Angelerio dal Morrone, futuro papa con il nome di Celestino V. È un esempio di perfetta integrazione con il paesaggio, quasi impercettibile da lontano, presenta una colorazione del tutto omogenea alle rocce che lo incastonano. La chiesa e due piccoli vani destinati agli eremiti si ergono sulla balconata rocciosa cui si accede tramite quattro scalinate di cui una svolgeva funzioni di Scala Santa. All'interno, nel primo locale che costituisce la chiesa, è presente un altare, con una nicchia che conserva la statuetta lignea di San Bartolomeo, per i devoti raffigurato con la propria pelle portata a spalla ed un coltello; il Santo infatti subì il martirio con lo scorticamento. Durante le processioni la statua, leggera e di piccole dimensioni, viene amorevolmente portata in braccio dai fedeli, come se fosse un bambino. Il 25 agosto in onore di San Bartolomeo i pellegrini, dopo aver assistito alla messa celebrata all'alba.
Nell'eremo, si recano presso il torrente Capo la Vena nelle cui acque tutti si bagnano secondo un rituale molto antico. La sorgente è chiamata Fonte Catenacce, per la forma simile ad un catenaccio di porta che San Bartolomeo scaglio contro la roccia per far sgorgare l'acqua.
Anche a San Bartolomeo, come in altre località, l'eremo si sovrappone e sfrutta dei ripari sotto roccia, una volta abitati dai cacciatori nomadi dell'antica età della pietra (in questo caso, il Riparo Ermanno de Pompeis, un sito archeologico dove si attestano le prime tracce della presenza umana in Abruzzo), poi divenuti ricoveri per i pastori transumanti delle età dei metalli. I disegni rupestri di queste zone, che testimoniano del passaggio di tali popolazioni, hanno inoltre quasi sempre un carattere sacro, frutto di cerimonie propiziatorie o sepolcrali, e sono con ogni probabilità variamente attribuibili a uomini dell'età del bronzo e del ferro, mentre le pitture in ocra rossa potrebbero risalire al Neolitico (6500 anni fa).
Nell'eremo, si recano presso il torrente Capo la Vena nelle cui acque tutti si bagnano secondo un rituale molto antico. La sorgente è chiamata Fonte Catenacce, per la forma simile ad un catenaccio di porta che San Bartolomeo scaglio contro la roccia per far sgorgare l'acqua.
Anche a San Bartolomeo, come in altre località, l'eremo si sovrappone e sfrutta dei ripari sotto roccia, una volta abitati dai cacciatori nomadi dell'antica età della pietra (in questo caso, il Riparo Ermanno de Pompeis, un sito archeologico dove si attestano le prime tracce della presenza umana in Abruzzo), poi divenuti ricoveri per i pastori transumanti delle età dei metalli. I disegni rupestri di queste zone, che testimoniano del passaggio di tali popolazioni, hanno inoltre quasi sempre un carattere sacro, frutto di cerimonie propiziatorie o sepolcrali, e sono con ogni probabilità variamente attribuibili a uomini dell'età del bronzo e del ferro, mentre le pitture in ocra rossa potrebbero risalire al Neolitico (6500 anni fa).
Traduttore