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Monastero di San Martino in Valle

Rilevanza: Nazionale
Valore del Geosito: Geoturistico, Scientifico, Educativo
Tipo: di interesse Quaternario

Il Monastero di San Martino in Valle sorge all'ingresso delle Gole di San Martino, in un contesto naturale modellato dall'erosione torrentizia e dai processi carsici tipici della Maiella. Probabilmente l'insediamento nacque originariamente come eremo rupestre, ricavato da una cella scavata direttamente nella roccia, secondo una tradizione monastica diffusa in tutta la montagna madre. La struttura, riportata alla luce solo in tempi recenti, ha subito numerosi rifacimenti tra il IX e il XVIII secolo. Sono riconoscibili i resti del cancello d'accesso e di un cortile interno, dal quale si entrava in un portico un tempo composto da tre arcate sorrette da quattro colonne con capitelli decorati a foglia. Sul lato nord del portico si eleva un campanile a vela, ristrutturato nel Settecento, mentre il portale della chiesa, databile al XIII secolo, introduce agli ambienti interni. L'interno presenta tre navate irregolari, adattate alla morfologia della roccia. Nella zona presbiteriale il pavimento è in lastre di pietra e sono presenti sedili in muratura che costituivano l'antico coro monastico. Dalla navata centrale si passa a quella settentrionale attraverso un muro a tre arcate che conserva tracce di affreschi. Qui si accede all'area più antica del complesso: un ambiente interamente scavato nella roccia, dove sono conservate due colonnine datate 1411. Il monastero è documentato per la prima volta nell'829 tra i possedimenti del monastero di Santo Stefano in Lucania. La sua intitolazione a San Martino di Tours suggerisce una fondazione di matrice franca. Nei secoli passò sotto diversi poteri monastici e diocesani: dapprima tra le rendite del vescovo di Spoleto (844), poi tra i possedimenti cassinesi di San Liberatore a Maiella, e infine sotto la diocesi teatina. Le tensioni tra monaci e vescovi portarono alla soppressione del monastero nel 1451, con i beni devoluti al Capitolo Vaticano. Nel corso dei secoli, il monastero fu progressivamente sepolto da materiali alluvionali e detriti trasportati dal torrente che scorre nella gola. Le dinamiche erosive e il crollo delle pareti rocciose sovrastanti contribuirono a sommergere parte degli ambienti, nascondendolo quasi completamente fino agli scavi archeologici e ai restauri moderni, che lo hanno riportato nuovamente alla luce.